Michela Mazzero

Durante artemosaico, una conferenza e mostra qui a Spilimbergo fatta ad ottobre 2014, ho visto le opere di Michela Mazzero per la prima volta. Un paio di settimane dopo mi sono rivista con lei parlarne con calma a casa sua (che devo dire ha un pavimento seminato al piano superiore del 18° secolo davvero bello) a Travesio, un piccolo paese nel Friuli.

Michela dice di amare le cose che hanno un’anima e una storia, e questo lo si può notare quando si entra a casa sua (che lei stessa ha restaurato assieme al marito). Vecchio e nuovo, fatto a mano e industriale sono combinati con una leggerezza presente anche nei suoi mosaici.

Ispirata dalle trame di ceramica e tessuti, Michela crea mosaici con ritmi di ricamo e tessitura o altre forme astratte. Mentre inizialmente usava i materiali tipici di mosaicista come marmo, tegola, cogolo e smalti, oggi nelle sue opere integra anche quelli che sono apparentemente senz’anima, come la plastica. Le strutture delle sue opere invitano a toccare, a recuperare l’unicità ed il valore del fatto a mano che ricorda le tradizioni dei nostri nonni.

Michela Mazzero era già iscritta a 17 anni alla Scuola Mosaicisti del Friuli. Ma dovette attendere altri dieci anni per iniziare effettivamente la formazione. Dopo la sua laurea nel 2000, ha lavorato in vari laboratori (tra cui Bisazza – che fino al 2006 aveva la sua sede a Spilimbergo – e MosaicoPro di Sergio Pastorutti). Dal 2014, sotto il nome Mòysa crea le sue opere che vanno dall’arredo all’opera plastica. Negli ultimi mosaici combina materiali tradizionali come smalti o marmo con la plastica.

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